"Dal sacro Monte Kailash, nel Transhimalaya, oltre la linea delle piogge, discesi all'estremo del Capo Comorin, dove le acque di tre antichi mari si congiungono. Ed oggi so che in ambo gli estremi vi sono templi". (Miguel Serrano)

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venerdì 25 luglio 2014

finalmente una buona notizia: si alleggerisce il "carico burocratico" per l'apertura degli studi medici

venerdì 25 luglio 2014


Apertura studi medici, sempre meno vincoli autorizzativi Dopo decreto legge ora il Tar

Sempre meno autorizzazioni regionali per aprire gli studi, un trend possibile che preoccupa regioni e medici. Dopo l’abolizione del vincolo territoriale per aprire lo studio prevista dal decreto legge 90 sulle semplificazioni, ecco la sentenza 7784 del Tar Lazio del 21 luglio secondo cui non richiedono autorizzazione regionale gli studi dentistici e medici privati dove non si effettuino chirurgia ambulatoriale “invasiva” né procedure diagnostiche che comportino rischi per i pazienti. Perplesso Franco Vimercati presidente della Federazione delle società medico-scientifiche Fism: «Ricordo che le sentenze possono essere appellate e che il decreto che abroga l’autorizzazione regionale di nuovi studi in base ai fabbisogni va ancora convertito in legge; molte regioni stanno contestando quest’ultima norma».
«Il requisito di autorizzazione - sottolinea Vimercati - è legato alle caratteristiche igienico sanitarie della struttura sanitaria e al possesso dei titoli professionali abilitanti, a garanzia del paziente. La collocazione territoriale prevista nell'articolo soppresso era volta a far sì che le strutture sorgessero anche in zone relativamente disagiate e libere da vincoli in modo da assicurare la presenza in rete sul territorio. La logica della concorrenza a tutti i costi, consentendo l'apertura delle strutture senza autorizzazione e senza vincoli può determinare un calo di sicurezza nel sistema. Questo i cittadini lo devono sapere venendo a mancare i controlli relativi e obbligatori».
La sentenza del Tar invece incide di più sulla distinzione tra studi e ambulatori, strutture semplici e complesse con direttore sanitario, posta dalla legge 502/92. La legge Bindi del ’99 affidò alle regioni il compito di individuare se le strutture sul proprio suolo anche non convenzionate con il Ssn fossero “invasive”, o “rischiose per la sicurezza dei pazienti”. Ogni regione ha fatto da sé e oggi non solo i medici liberi professionisti hanno vincoli diversi da una regione all’altra, ma molti medici di famiglia s’interrogano se singoli accordi regionali possano istituire vincoli autorizzativi. Renzo Lepera segretario Fimmg emiliano sgombra i dubbi: «Le attività di particolare impegno - le uniche ad avere una minima invasività - non sottendono rischi particolari e nessuna regione ha emanato norme che influenzino il convenzionamento; un mmg può dover effettuare complesse rimozioni di suture e cateteri persino a domicilio al letto del paziente. Certo spetta a lui il giudizio di fattibilità della prestazione e se non è più una “Pip”, il paziente va indirizzato a strutture idonee». Lepera cita un contenzioso di qualche anno fa, in Emilia Romagna, generato dalla presenza di specialisti in un “polistudio” di mmg, considerato ambulatorio dai Nas. «In sede giudiziaria si chiarì che per volerci l’autorizzazione regionale occorre che gli specialisti effettuino indagini invasive a rischio; non era il caso».

Mauro Miserendino